Prima di tutto la creazione dell’immagine di un film si ottiene dal lavoro combinato del regista, del direttore della fotografia, del capo elettricista, dell’operatore e dello scenografo.
Quali quindi le diverse mansioni che ci si aspetta dai relativi mestieri?
Il regista, possiamo definirlo come il direttore d’orchestra del film, è colui che ha bene in mente l’obbiettivo da ottenere, la meta, l’anima del film, la sua azione è muovere e guidare tutte le maestranze e gli attori per ottenere quello che è il suo progetto. Questo vuol dire che un regista non deve necessariamente saper fare un’inquadratura, immaginare dei movimenti di macchina o capirne di luci, ma è ovvio che più un direttore di orchestra conosce le potenzialità dei vari strumenti, più sarà in grado di dirigere e di avere e dare uno stile unico al film. Forse la dote più importante per un regista è quella di sapere esattamente ciò che vuole e ciò che non vuole, in modo da poter decidere quando si deve rigirare una scena o se si ha la “buona”.
Il direttore della fotografia è il braccio destro del regista per quanto riguarda l’immagine ed è colui che decide come disporre la luce e come modellarla in modo da ottenere un’immagine particolare… ovvero? Il direttore della fotografia è un po’ come “il pittore” della scena, colui che decide, ovviamente in accordo con il progetto del regista, quale “sapore emozionale” deve avere una scena e come creare le suggestioni visive nello spettatore. Decide, sempre in accordo col regista, la composizione dell’immagine, i movimenti della macchina e le ottiche da utilizzare. In poche parole deve fare il progetto di illuminazione e di esposizione e in un certo senso la narrazione visiva: che poi spiegherò meglio.
Al fianco del DP abbiamo il capo elettricista, figura alquanto sconosciuta dai cinefili, ma di grande importanza, perché è la figura più vicina al direttore della fotografia e perché si occupa di rendere concreto quel progetto di illuminazione ovvero di posizionare le fonti luminose rendendo possibile anche una pianificazione elettrica, occupandosi di gestire la corrente al meglio ed in sicurezza.
L’operatore è colui che fisicamente realizza l’inquadratura, per citare il grande maestro Ermanno Olmi: “Se volete sapere come girare un film chiedetelo al mio operatore”… Naturalmente va considerato che E. Olmi, quando la salute glielo permetteva, è stato anche un bravo operatore e direttore della fotografia J.
Spesso è proprio questo ruolo che viene confuso con il DP e la regia, poi vedremo il perché di queste confusioni.
Infine bisogna considerare, come figura direttamente connessa alla costruzione dell’immagine, quella dello scenografo, il quale si occuperà di allestire la scena arredandola o costruendola ex novo con gli attrezzisti, e che collabora con il DP nella scelta e nell’utilizzo di fonti di luce diegetica, cioè quelle luci che sono interne alla scena.
Ma torniamo al mestiere di interesse specifico di quest’articolo il DP: colui che gioca con la luce.
La sfida più importante per un DP è quella di poter tradurre nel concreto quelle frasi astratte indicate nella sceneggiatura o alcune intenzioni e intuizioni che sono nella mente del regista, come per esempio “un’aria romantica”, “una sensazione inquietante” o “rassicurante”, “un’atmosfera fumettistica”… ci si potrebbe perdere in molti altri esempi, che per chi li legge potrebbero aprire le porte della fantasia ed essere facilmente tradotti in ricordi precisi, ripescati in quello che può essere il vissuto di ognuno, ma che non sono per nulla scontati nella realizzazione di un film, perché se questi esempi non si traducono in qualcosa di concreto e tangibile, finiscono per non significare nulla. Proprio questo lavoro di traduzione è il compito del DP, e va ricordato che il cinema è sempre un mestiere di “traduzione”.
Per spiegare meglio vi farò un esempio pratico: supponiamo che ci si trovi nella fase della pre-produzione di un film drammatico e il regista, parlando con voi, che siete il direttore della fotografia, vi dice che vuole dare un’aria misteriosa al film, a tratti cupa e claustrofobia ed intimistica, poi, tutto soddisfatto, vi dice “ chiaro no?” e se ne va… e a voi tocca tradurre con tutti i vostri mezzi quest’idea appena espressa. Per prima cosa dovrete decidere con che cosa girare, decidere cioè quale macchina da presa sia più adatta ad ottenere nello specifico quest’idea di ripresa; quindi decidere se girare in digitale o in pellicola (fino a che ciò sia possibile), magari
proporre, se lo si ritiene opportuno, di girare in bianco e nero o già pensare ad un viraggio particolare del colore, e quindi predisporre una LUT ad hoc per il film. Poi predisporre il parco luci più adatto, prediligendo quelle lampade che ci daranno quella qualità di luce che vogliamo ottenere, per esempio luci più o meno morbide o un’illuminazione che ci permetta di lavorare bene con i tagli di luce.
Finita questa check list si girano dei provini di fotografia, dove si cerca di simulare quella che sarà la pasta del film, magari azzardando diverse proposte da mostrare alla regia e alla produzione. Una volta poi scelta una strada, si fa la lista della spesa su quelle che sono le attrezzature da prendere, decidendo, insieme al reparto elettricisti, quello di cui si ha bisogno per ottenere la soluzione decisa per tutto il film, dopo averla verificata con i sopraluoghi delle scene.
È molto importante per il DP poter partecipare ai sopraluoghi, in modo da poter testare, secondo la sua esperienza, quali sono i problemi anche eventuali di una location, come e se sia possibile superarli.
Ma perché spesso si fa così confusione nei ruoli in Italia?
Semplice, perché la confusione nei ruoli è implicita nella genesi del cinema made in Italy: il nostro cinema infatti, anche se dal punto di vista qualitativo è caduto molto in basso, ha un’origine autoriale di grande rispetto e le botteghe d’arte del cinema italiano si sono formate in maniera tutta particolare, spesso seguendo gli esempi di grandi maestri che avevano modi completamente diversi di approcciarsi al mestiere. Spesso quindi abbiamo il regista che sta alla macchina, il direttore della fotografia che sta alla macchina o che si comporta come il regista sul set, o, viceversa, un regista che si preoccupa più dei movimenti di machina che della recitazione… insomma un bel caos dove risulta difficile capire i meriti e gli errori dei vari reparti, perché si tende a far rientrare un po’ tutto nell’ambito della regia, come se fosse tutta opera del regista.
Con questo non voglio criticare questo modo di fare cinema, che anzi amo, perché mantiene una alta originalità e la possibilità di creare opere uniche, io stesso sono un regista, direttore della fotografia ed operatore. Voglio semplicemente spiegare come mai spesso si faccia confusione, magari cercando di applicare modelli americani di un “cinema impresa” in un Paese come il nostro, dove la realtà è ben differente, sia per diversificazione produttiva che per composizione delle maestranze.
Giovanni Ziberna